di Pier Giorgio Pinna – SASSARI. Forse non c’era bisogno di una conferma tanto eclatante. «Si sa da tempo che i canali della droga portano dalla Sardegna a Milano, con saldature tra personaggi della vecchia mala sarda e boss mafiosi emergenti», commenta un investigatore. Ma certo l’arresto di Mesina e del suo esercito di presunti complici fa riflettere a fondo. Intanto, perché costringe gli inquirenti a rispolverare i faldoni sulle ultime inchieste da cui sono scaturiti collegamenti con la ’ndrangheta. Poi, perché getta luce non tanto sul ruolo dei corrieri – da sempre semplici pedine in una scacchiera molto più ampia – ma soprattutto sugli affari illeciti, da centinaia di milioni all’anno, che legano calabresi, albanesi, barbaricini, capi delle aree cagliaritane a maggior tasso di criminalità. Infine, perché, indirettamente, quest’ultimo blitz dei carabinieri svela aspetti inediti nel sotterraneo spaccio di coca, eroina, ecstasy, anfetamine.
Terreno di coltura. La Sardegna è un mercato appetibile per gli spacciatori. E non da oggi. Almeno dal periodo del boom economico. Impressionante l’escalation. Basti pensare che tra gli anni Settanta e Ottanta almeno duemila ragazzi sono morti nell’isola per overdose e per Aids alimentata dal consumo di stupefacenti. Una generazione perduta. E allarme sociale imponente, da bollettino di guerra. Che arriva sino a questi ultimi anni. Ma in un quadro mutato. Dove i prìncipi dello sballo non sono più Brown Sugar e Lsd, l’acido lisergico. «Oggi l’eroina vede conteso il suo triste primato sulla diffusione dalla “neve bianca”, dalle micidiali pastiglie passate di mano in mano nelle discoteche, da marijuana e coctail di alcol e droga», spiegano i volontari impegnati sul fronte del recupero dei tossicodipendenti.
Numeri. In quest’escalation di consumi senza freni gli adolescenti sardi sono in testa alle classifiche. Lo ha di recente rivelato uno screening con una ricerca allargata al pronto soccorso di Sassari e alle indagini Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Per la Cannabis la media di consumo è la più elevata di tutto il territorio italiano: il 24%. Si passa poi al 3,2% per la cocaina, contro la percentuale nazionale del 2,7. Al 2,4% per l’eroina, il doppio che nel resto del Paese. Mentre agli allucinogeni ricorrono 3,7 adolescenti sardi ogni cento. Ai ragazzi e agli altri tossicodipendenti che vivono nell’isola, poi, d’estate si aggiungono migliaia di turisti che fanno uso di stupefacenti. Con la prospettiva d’introiti ancora più pesanti per i trafficanti.
Intrecci. Ma la regina quasi incontrastata della piazza, sull’isola, è proprio la polvere bianca. Si calcola che i cocainomani abituali siano diecimila. Una cifra che può raddoppiare nei fine settimana, in particolare durante i mesi di luglio e agosto. Solo da “Biancaneve” agli spacciatori arrivano oltre duecento milioni all’anno. E i sequestri di ovuli e dei mille strumenti impiegati per distribuire la “roba” in Sardegna sono in realtà poca cosa rispetto alle colossali dimensioni di un mercato sardo che vede nella Lombardia e in Calabria i suoi punti di forza in Italia, nella Spagna, in Olanda e in Belgio gli altri possibili addentellati su scala europea.
Coordinate. Nel primo caso – si parli di Buccinasco, alle porte di Milano, conosciuta come la Platì del nord, o di zone molto più a sud come Gioia Tauro – il trait d’union con i produttori sudamericani della “bamba” è sempre rappresentato dalle ’ndrine. Sono le famiglie calabresi, storiche e più recenti, a controllare ogni cosa. E le poche fette non trattate da Cosa Nostra e dalla Camorra, vengono ripartite con gang albanesi e georgiane. Queste ultime molto attive, assieme ai russi, nel riciclaggio del denaro sporco attraverso investimenti immobiliari o l’acquisizione di società e aziende pulite, anche in Sardegna.
Contatti. Ma un fatto dev’essere chiaro: come puntualizza un altro investigatore che sceglie deliberatamente l’anonimato, «neppure qui da noi, in Sardegna, gli esponenti della mala barbaricina o cagliaritana stanno su un piano paritario con i calabresi». Nel senso che perfino personaggi dal peso criminale di Grazianeddu e, secondo le accuse, di qualche suo presunto gregario possono competere col gotha della criminalità organizzata. Tutt’al più vengono così considerati dagli inquirenti “alleati di convenienza”, “amici del momento”. In definitiva, utili complici della ’ndrangheta nelle ramificazioni isolane dei commerci illeciti. Soprattutto come acquirenti di singoli partite di droga e “riferimenti” per affari da concordare, volta per volta, con i veri mafiosi. Del resto, mentre i padrini trattano da pari a pari con i cartelli colombiani o boliviani, né in Sardegna né a Milano o in Germania i calabresi fanno lo stesso con tutti gli altri gregari, quelli cioè che reputano e trattano come manovalanza. Una manovalanza con cui accordarsi e scendere a patti: magari patti diversi, a seconda dei casi, ma sempre in una posizione che da una parte vede i Signori della droga e dall’altra semplici sottoposti da comandare.
Analisi. In un contesto del genere s’inserisce l’ultima, clamorosa operazione che ha ricondotto in carcere Mesina. Ma a reggere le fila dell’intricata matassa che porta alla distribuzione della coca e degli altri stupefacenti nell’isola non ci sono solo i supposti esponenti della mala orgolese e cagliaritana, quelli adesso finiti sotto accusa o ancora da incastrare. È da parecchi anni che le indagini svolte in Ogliastra dal procuratore della Repubblica di Lanusei, Domenico Fiordalisi (sullo spaccio dell’”erba” e non solo), come le tante inchieste coordinate in zone diverse da altri magistrati sardi, Dda in testa, hanno permesso d’individuare piste differenti. Sono piste che portano ad Arzana, Tortolì, Mamoiada, Desulo, in diversi centri del Sulcis Iglesiente e in tanti altri paesi del centro-nord. Con gli ovili usati spesso come depositi per la “roba”: basi mobili, scarsamente rintracciabili da parte degli inquirenti nella rete di connivenze e silenzi creata per coprire il traffico.
Sos. Legami complessi. Spaccati sociali ancora una volta segnati dall’omertà. E complicità estese, diffusissime. Tutti aspetti che ora fanno rilanciare l’allarme per il possibile sbarco di mafiosi sottoposti al regime del 41 bis. In passato questa presenza nell’isola, da Luciano Liggio in poi, era apparsa pericolosa per via dei contatti stabiliti da familiari e complici dei boss rinchiusi nelle carceri sarde. Oggi, alla luce della capillarità del traffico di droga, nuove infiltrazioni potrebbero rivelarsi micidiali. E, forse, incontrollabili.
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