MA
I
LADRI
RUBARONO L'AUTOMOBILE DEI
BANDITI
Il sequestro di Pupo Troffa / primo atto
Da oscuro possidente ad organizzatore
di sequestri. Luciano Gregoriani il pentito del
banditismo sardo aveva cercato di crearsi una
posizione diversa da quella che tra pochi mesi lo
porterà come primattore in corte d'Assise.
Aveva deciso di fare, professione non inusuale in
Sardegna, l'auto trasportatore. Gli era andata
male. Ed aveva alle spalle un fallimento quando,
per la prima volta, la polizia incomincio a pensare
a lui come ad uno dei componenti di quella
Superanonima che in un paio di anni avrebbe
collezionato otto rapimenti girovagando per l'Isola
alla ricerca di buoni bersagli. Gli agenti della
Criminalpol gli avevano "tagliato i panni addosso"
frugando nei suoi conti in banca. Avevano stabilito
che nel giro di cinque mesi (mentre capi e vicecapi
della polizia sbarcavano a giorni alterni ad Olbia
per cercare di capire che fine facevano i turisti;
presi, rilasciati, ripresi) aveva speso almeno una
sessantina di milioni in modo per così dire
"voluttuario". Aveva regalato alla moglie una "132"
(poco meno di nove milioni), si era comprato un
pezzetto di terra a Santulussurgiu (sul contratto
del notaio c'era scritto trecentomilalire) ed aveva
sborsato più di cinquanta milioni per una
pala meccanica. Per di più aveva casa (due
piani più cortile). Oscuro e ricco. Troppo
ricco per non insospettire i carabinieri che lo
avevano visto, al volante della sua "l32" appena
uscita di fabbrica, seguire la macchina degli
emissari che stavano per consegnare il mezzo
miliardo di riscatto per i fratelli Giorgio e
Marina Casana. Per di più aveva amicizie
scottanti. Come quella che lo legava a Salvatore
Fais, un ragazzo abbastanza chiacchierato in paese
e di cui si erano perse le tracce dopo che era
stato spedito al soggiorno obbligato in
Calabria.
Ma l'amicizia che convinceva
meno era forse quella stretta con Salvatore Coinu,
proprietario terriero ed allevatore di Fonni con
interessi nel l'Oristanese che spaziava
dall'allevamento del bestiame alla custodia dei
proventi del rapitori . Un uomo pieno di iniziative
che, secondo il giudice istruttore, deve farsi
perdonare non soltanto il sequestro Casana ma anche
quello del commerciante sassarese Pupo Troffa,
l'uomo che per più tempo restò
segregato in attesa della libertà.
Sequestrato il 3 novembre del
1978, Troffa era in "odore di miliardi" e, stando
al racconto di Gregoriani, Salvatore Coinu aveva
incominciato ad imbarcarsi in imprese di sequestri
proprio facendo diventare "puliti" al prezzo di un
normale cambiavalute) i soldi che gli erano toccati
dopo la divisione del riscatto. Racconta
Gregoriani: "Per quanto riguarda i soldi ricevuti
come mia parte per il riscatto Troffa, mi rivolsi a
Salvatore Coinu per farmene cambiare una parte. Mi
aveva detto di conoscere un impiegato di banca a
Nuoro che era in grado di riciclare i soldi sporchi
di sequestri purché non si trattasse di
somme molto elevate".
E continua: "Disse di non
volere niente per sè, ma chiese una
percentuale del dieci per cento per I impiegato
dell' Istituto di credito". Una tesi che il
"cambiavalute" di Fonni (consegnatosi ai
carabinieri nel novembre del 1980 contesta
decisamente. È disposto a riconoscere di
aver preso parte al sequestro Casana e di aver
avuto per le mani riscatto che, dice, gli è
stato in gran parte rubato dal cavo di un albero
dove lo aveva nascosto. Rifiuta però
qualunque collegamento con il sequestro Troffa. Al
giudice, cui ha promesso di far ritrovare i
settanta milioni che gli erano toccati per aver
pensato e condotto il rapimento dei due fratelli
torinesi, spiega: "Per quanto riguarda il
riciclaggio del denaro del sequestro Troffa, faccio
presente che il Gregoriani non mi confido mai di
aver partecipato a tale sequestro. Del pari non mi
chiese di cambiargli dei soldi, per cui escludo di
avere almeno coscientemente, effettuato tale
cambio. Non posso invece escludere che Gregoriani
mi abbia dato, senza farmelo sapere, denaro
proveniente da tale riscatto". Un riscatto
(ottocento milioni) ottenuto dopo numerosissime
peripezie e dopo che la banda, per un disaccordo
tra i fuorilegge, aveva rischiato di spezzarsi
tanto da dividersi in due gruppi che trattavano
autonomamente la vita dell'ostaggio sballottato per
sei mesi da una parte all'altra della Sardegna. Un
sequestro "pensato da tempo". I primi tentativi di
rapirlo risalgono nel periodo "a cavallo tra la
fine di giugno ed il settembre del 1978 e secondo
il progetto originario &endash; come dice
Gregoriani - prevedeva che l'ostaggio sarebbe stato
consegnato a latitante Antonio Crivelli", il
fuorilegge che fu ucciso il 14 settembre dello
stesso anno durante uno scontro a fuoco con i
carabinieri a "Sa Serra", nelle campagne di Nuoro.
La "superanonima" aveva fatto le cose in grande.
Soliti appostamenti e controlli, d'accordo. Ma per
portar via Pupo Troffa ("il progetto di rapirlo era
insorto da molto tempo dopo esser venuti a
conoscenza delle notevolissime possibilità
finanziarie dell'industriale sassarese") i banditi
si erano addirittura trasformati in lavoratori
della terra. Siamo nell'estate del 1978 e l'ipotesi
di sequestro incomincia prendere corpo. Gregoriani
ha stretto alleanze con Mario Ladu,
autonoleggiatore di Sarule e con Antonio Felline,
entrambi coinvolti sia pure marginalmente nella
tragica vicenda di Puccio Carta, sequestrato ed
ucciso. I tre - racconta Gregoriani &endash; fanno
un sopralluogo nei e pressi dello stabilimento di
Troffa.
Devono "ricoprire di terra la
cunetta che separava il piazzale antistante il
capannone dello stabilimento dalla "superstrada" e
ciò al fine di facilitare l'eventuale fuga
con l'ostaggio dopo il rapimento. Con
quell'accorgimento sarebbe stato possibile
immettersi immediatamente sulla strada statale
senza la necessita di fare giri viziosi". Preparato
il "terreno" e pronta anche la macchina per porta
via l'ostaggio.
Una "Alfetta" rubata mentre
era parcheggiata nei pressi di un ristorante
a
"Putzu Idu" vicino ad
Oristano. Una macchina veloce e "ben equipaggiata":
il proprietario vi aveva lasciato dentro due fucili
da caccia uno dei quali avrebbe rivisto la luce su
quello scoglio di Capo Pecora dal quale sarebbero
stati portati via i fratelli Casana. Lo imbracciava
uno dei sei banditi impegnati in una operazione
decisamente fuori dai canoni della
criminalità sarda. C'e due la macchina.
È stata nascosta nella villetta dell'amante
di Antonio Felline (Elsa Sotgia) a Platamona. Ma i
fuorilegge si imbattono in gente più abile
di loro se e vero (lo dice sempre Gregoriani) che
improvvisamente, proprio quando sono pronti a
tentare l'assalto allo stabilimento dei Troffa, si
ritrovano appiedati. Felline telefona a Gregoriani:
"La macchina è sparita. O ce l'hanno rubata
oppure l'ha portata via la polizia". Senza saperlo,
Pupo Troffa, può trascorrere l'estate in
pace. Un "topo d'auto" lo ha fatto scampare per il
momento dalle mani dei banditi. Rinunciato
all'ostaggio sassarese, Gregoriani si preoccupa di
tenere impegnata la sua banda di cui attraverso le
pagine della sentenza di rinvio a giudizio firmata
dal dottor Luigi Lombardini, ci fa fare conoscenza.
Dagli atti: "Il Gregoriani, resosi conto della
gravita degli elementi di prova raccolti a suo
carico, finiva per rendere completa confessione e
chiamava in correità per quanto atteneva al
sequestro dell'industriale sassarese:
1) Antonio Felline che aveva avuto
occasione di conoscere mentre era in corso il
sequestro di Luca Locci.
2) L'amante del Felline, a nome Lisa, che
veniva indicata come una donna separata dal marito,
con due figli di cui una si chiamava Sabrina, di
circa trentacinque anni che lavorava nel campo
delle assicurazioni ed abitava in una villetta
presa in affitto nella zona di Platamona.
3) Gonario Muscas, di Sarule, presentato
a Luciano Gregoriani da un parente di Francesco
Porcu, imputato nel sequestro Casana.
4) Salvatore Cadeddu, di Sarule,
presentato da Gonario Mulas.
5) Giuseppe Mureddu, pastore dl Lodine.
6) "Daniele" di Orgosolo (poi identificato per
Daniele Mulas), autotrasportatore.
7) Gonario Mureddu, di Sarule,
proprietario di un camion, grosso di corporatura e
stempiato. Sui 40 anni.
8) Giovanni Costa, nuorese, cognato del
"Daniele", implicato in altre vicende giudiziarie.
9) Paolo Mereu, noto "Pauleddu" nipote
del latitante Antonio Crivelli.
10) Mario Ladu, titolare di un
autonoleggio a Sarule.
11) Mario Marcello, proprietario di un
biscottificio a Gavoi.
12) "Pietro di Orune", un pastore proprietario
di due ovili che sarà poi identificato per
Pietro Ruju.
13) Il latitante Gonario Carta di
Orgosolo, ucciso, anni dopo, in un conflitto a
fuoco nelle campagne di Sedilo.
14) Pietrino Carta, nipote di Gonario che
fa da emissario per La famiglia.
15) Salvatore Cassitta, condannato e
ricercato per l'omicidio di Puccio Carta.
16) Peppigheddu Mereu di Ula Tirso.
17) Salvatore Fais, lo "Speedy Gonzales"
di Marina Casana.
La "sequestri spa" di
Gregoriani e più deve dunque rinunciare per
il momento ad "occuparsi" di Pupo Troffa. Ma per
non lasciare i suoi "azionisti" con le mani in
mano, Luciano Gregoriani pensa ad rapimento
"alternativo". Quello di Antony Hubert Cassel
Eokezjuski, un personaggio che non verrà
sequestrato (ma ci proveranno) e di lui non si
saprebbe assolutamente niente se il "pentito" del
banditismo sardo non lo collocasse tra le sue
memorie. Di far finire Cassel in una grotta del
Supramonte comunque per ora non si parla. Il
progetto resta quello sassarese. Ed i fuorilegge si
riuniscono a Nuoro per un "summit".
Ai "lavori" partecipano (con
Luciano Gregoriani) Gonario Mulas, Salvatore
Cadeddu, Mario Ladu, Mario Marcello, Gonario
Mureddu e "Daniele" che si unisce alla compagnia
proprio in quella occasione. Davanti ad un tavolo
si decide chi saranno i prescelti per effettuare
materialmente il rapimento. Non senza qualche
discussione si forma il "commando": sei uomini ed
una donna.
Con Gregoriani, agiranno
Giuseppe Mureddu, Salvatore Cadeddu, Gonario Mulas,
"Daniele", Antonio Felline e la sua amante Elsa
Soggia.
Ci sono gli esecutori
materiali c'è il piano (ampiamente
modificato rispetto al precedente: stavolta la
cattura dell'ostaggio prevista in piena Sassari e
non alla periferia della città) ma manca la
macchina perché la "giulietta" è
stata rubata. Bisogna darsi da fare per trovare
qualche altro mezzo di trasporto. E mentre sta
arrivando l'autunno, i banditi si preoccupano di
procurarsi nuovi "ferri del mestiere".
Rubano una "128", targata
Roma, ed un furgoncino targato Genova, che si
preoccupano dl camuffare ridipingendolo
parzialmente. Felline vorrebbe trasformarlo in una
falsa auto della polizia: così quando va a
Genova per acquistare un po' d'armi si fa
consegnare anche un lampeggiatore, di quelli in
dotazione alle forze dell'ordine. Sembra una buona
idea ma il "summit" della banda gliela boccia.
Così il lampeggiatore finirà sotto
terra, nel giardino di Gregoriani a Santulussurgiu
e i carabinieri lo ritroveranno dopo qualche
anno.
Messa da parte la macchina ed
il furgone per la fuga, ci sono ben pochi altri
"adempimenti" da compiere. Stretti gli ultimi
accordi, si attende il 2 di novembre per far
scattare il piano. Ma c'è un nuovo intoppo:
Felline non si presenta all'appuntamento.
Si scusa con Gregoriani
spiegandogli che non aveva potuto raggiungerlo
perché impegnato nel trasloco da Nuoro a
Sassari. Bisogna ancora rinviare e Pupo Troffa
può godere di altre ventiquattro ore di
tranquillità.
La data definitiva per il 3
novembre.
Dalla sentenza di rinvio a
giudizio: "Dopo aver spiato per tutto il pomeriggio
i movimenti del Troffa, Gregoriani ed i complici si
erano portati nei pressi della di lui abitazione.
Lo stesso Gregoriani alla guida dell'autofurgone,
nell'interno del quale si trovavano le maschere, le
armi e gli stessi malviventi. Il Felline con la
donna a bordo di un'altra autovettura: o la "Fiat
128" targata Roma oppure la "127" presa a nolo
dalla "Maggiore". Una di queste ultime due vetture
era stata lasciata parcheggiata all'uscita della
città in località "Scala di Ciocca".
Questa volta e davvero tutto pronto. Il
commerciante Pupo Troffa e uscito da casa per
andare giocare a carte al "Circolo sassarese".
Dovrebbe tornare, come ogni sera, in torno alle 23.
Ad aspettarlo troverà i banditi. Che si sono
sistemati in una posizione "strategica".
Parcheggiando il furgone "in modo tale da poter
vedere subito il Troffa all'atto del rientro a
casa". Ed appena il commerciante parcheggia la
macchina in garage i malviventi gli sono addosso.
Uno gli punta il raggio di una pila sugli occhi,
per accecarlo; gli altri lo caricano su grosso
automezzo che prende la strada di Sarule. Qui
l'ostaggio sarà consegnato al resto della
banda che deve preoccuparsi di tenerlo nascosto.
Siamo a pochi chilometri dalle campagne in cui
cadrà sotto i colpi di fucile dei
carabinieri il latitante Gonario Carta. Secondo gli
inquirenti quel giorno c'era anche lui a "ricevere"
la nuova vittima della "Superanonima" che da poco
aveva incominciato a specializzarsi nella
più antica forma di reato esistente in
Sardegna.
Quasi nello stesso momento in
cui Pupo Troffa faceva conoscenza con i suoi
"carcerieri", la moglie telefonava alla polizia per
denunciarne la scomparsa. Per un caso davvero
singolare, il fascicolo di Pupo Troffa era
già stato aperto negli uffici della questura
di Sassari. Un maresciallo di polizia aveva notato
la "128" dei banditi il giorno prima "aggirarsi con
fare sospetto nei pressi dell'abitazione dei
Troffa, in via Muroni" e ne aveva rilevato sia pure
parzialmente il numero di targa. Aveva fatto una
"relazione di servizio" che adesso giaceva In un
angolo del tavolo del capo della Criminalpol. Il
dottor Emilio Pazzi la rigirava nervosamente tra le
mani i poliziotti avevano avuto il tempo di evitare
un nuovo sequestro di persona ed avevano perso
maldestramente l'occasione Il sequestro di Pupo
Troffa era il sesto di quell'anno: due degli
ostaggi in mano ai banditi, Reiner Besuch e
Giancarlo Bussi, non sarebbero mai più
tornati a casa.
CONTINUA